La famiglia bip, un gruppo che si nutre d’amore

di Francesca Barizza

Il gruppo bip è un gruppo storico dell’oratorio, esiste da più di quarant’anni ed è una realtà meravigliosa. Il nome nasce in chiave scherzosa: la disabilità negli anni ’80 era ancora un po’ un tabù perciò Roberto, che ha fondato il gruppo, ha deciso di mettere un bip al posto della parola “disabili”, richiamando i bip sonori che si mettevano sulle parolacce in radio o in televisione. Il gruppo disabili fa storcere il naso? Nessun problema, vi presentiamo il gruppo bip!

Un po’ per caso, quasi cinque anni fa, sono entrata a farne parte anche io. Vivevo a Milano da poco più di un anno e una mia amica dell’università mi ha proposto di andarci con lei un mercoledì. Da quel momento non ho mai smesso.

Nel gruppo siamo ormai più di sessanta e i ragazzi con disabilità – che noi chiamiamo semplicemente “i ragazzi” – sono più o meno una ventina. Ogni mercoledì ci troviamo al bar dell’oratorio e svolgiamo diverse attività ludiche insieme: tombola, karaoke, tornei di biliardino, ping pong, pallavolo, calcio, basket, cacce al tesoro o altri giochi che ci inventiamo di volta in volta. Poi ceniamo tutti insieme e tra una chiacchiera, una battuta e un abbraccio il tempo vola. A volte usciamo dall’oratorio per fare altre attività o andiamo a mangiare da qualche parte, altre volte vengono a trovarci altri gruppi di Milano e condividiamo con loro i momenti di gioco e la cena, altre volte ancora svolgiamo dei laboratori con esterni, come nel caso di un laboratorio di cucina organizzato prima di Natale. Ogni estate, l’ultima settimana di giugno andiamo in vacanza tutti insieme, a fare quella che per noi è la “Baita bip”. In due occasioni siamo andati a Roma ad un’udienza del papa, dove i nostri ragazzi hanno potuto stringergli la mano e avere la sua benedizione. Insomma, le cose che facciamo sono molte e i ricordi che costruiamo e conserviamo insieme ancora di più. Da un paio d’anni, inoltre, in un gruppo più ristretto dei volontari più giovani e di ragazzi ci troviamo anche il lunedì e facciamo attività più difficili da organizzare quando siamo in tanti, come dipingere o lavorare la creta. Chi di voi avrà voglia di avventurarsi fino al fondo del campo da basket dell’oratorio potrà ammirare un murales che abbiamo dipinto con i nostri ragazzi la scorsa primavera.

Quando ho cominciato a frequentare il gruppo non avrei mai immaginato quanto mi ci sarei affezionata. Sono partita con l’idea di andare a fare volontariato e ho scoperto un mondo e trovato una famiglia. Chiunque metta piede ai bip è il benvenuto e si sente accolto, ed è anche per questo motivo che il gruppo è cresciuto così tanto negli anni e continua a farlo. Senz’altro organizzando gli incontri e le varie attività alleggeriamo il carico delle famiglie dei nostri ragazzi, ma la verità è che il mercoledì ci troviamo tra amici, i rapporti che si creano all’interno del gruppo sono solidi, genuini e profondi. Io, da studentessa fuori sede lontana dalla propria città e dai propri affetti, ho trovato nei bip una vera e propria famiglia. Il mercoledì è diventato un appuntamento fisso, una certezza della mia settimana, un momento che custodisco gelosamente nella mia felicità di condividerlo con chi abbia il desiderio di farne parte.

È normale pensare al volontariato come qualcosa che si fa per gli altri, come un atto di generosità che prende una parte del proprio tempo per donarlo a qualcun altro, come qualcosa di utile. Ma la realtà è che al gruppo bip ci si va anche per se stessi, non perché ci si sente utili ma perché ci si sta bene. L’energia, la forza, la positività che si traggono dalle persone che lo frequentano sono una medicina per il cuore. Quante volte, dopo una giornata infinita, magari con delle preoccupazioni, sono arrivata in oratorio il mercoledì e l’amore mi ha travolta, mi ha alleggerita e per qualche ora mi ha fatto dimenticare tutto. La naturalezza con cui ci si rapporta l’uno all’altro in modo disinteressato e puro all’interno del gruppo, la spensieratezza che si respira quando si sta insieme, l’interesse per l’altro, la gioia di condividere momenti di quotidianità e di confidarsi i propri vissuti sono ciò che ci tiene uniti e fa sì che non riusciamo a fare a meno di incontrarci. La disabilità diventa una caratteristica non diversa dal numero di scarpe o dal colore dei capelli perché nel gruppo ognuno è semplicemente una persona, con la propria storia, le proprie emozioni, le proprie fragilità e i propri punti di forza.

Ognuno, che sia un volontario o uno dei ragazzi, si prende cura dell’altro perché ce l’ha a cuore, come diceva bene Don Milani con il suo I care. Per me il gruppo bip è tutto questo. È un luogo dove ci si sente a casa, dove ci si sente protetti e al sicuro, dove qualcuno sarà sempre pronto ad accoglierti, a tenderti una mano e prenderti sottobraccio per camminare insieme. È un gruppo che vibra, da cui, dopo essersi incontrati, si esce reciprocamente trasformati in una versione migliore di sé. È un gruppo che si nutre d’amore e di speranza, che, come disse bene Havel in una sua poesia, non è la convinzione che tutto andrà bene ma la certezza che qualcosa ha un senso, indipendentemente da come finirà. La speranza è un orientamento dello spirito e del cuore, e noi sappiamo bene che questo gruppo ha un senso e dà senso al nostro presente mentre siamo orientati verso un futuro da costruire insieme ogni giorno.

Il gruppo bip cresce perché è vivo e in questi anni, al suo interno, sono cresciuta e ho vissuto molto anche io.