Gli educatori a Sarajevo, in un viaggio tra guerra, pace e speranza

di Maria Laura Pisani

Nel cuore della Bosnia-Erzegovina, sorge una città intrisa di storia, cultura e, purtroppo, di conflitto. Sarajevo, crocevia di culture e religioni, è stata la meta di un viaggio straordinario a inizio marzo per Don Martino e alcuni degli educatori dei ragazzi del liceo. È stato un viaggio di scoperta e di confronto, un’immersione nella storia e nella realtà contemporanea di un luogo che ha vissuto momenti di splendore e tragedia.

La storia di Sarajevo è una tessitura intricata di eventi, una miscela di culture e religioni che convivono in un equilibrio fragile. Durante il nostro soggiorno abbiamo avuto l’opportunità di comprendere le radici della guerra che ha segnato profondamente questa terra. Abbiamo incontrato e ascoltato persone che hanno vissuto la guerra sulla propria pelle e che, nonostante le avversità, continuano a coltivare la speranza e a lavorare per un futuro migliore. Ascoltare le loro testimonianze è stato davvero commovente e illuminante.

Abbiamo avuto modo anche di visitare l’orfanatrofio “SOS Village”, organizzato in diverse “case famiglia”. Qui abbiamo incontrato alcuni bambini e siamo rimasti colpiti dal fatto che, se al nostro arrivo eravamo convinti di poter dare qualcosa a questi piccoli, usciti da lì ci siamo resi conto che in quelle poche ore sono stati proprio i bambini a darci tanto, grazie ai loro sorrisi, ai loro disegni e addirittura a quelle macchinine che ci sono state regalate con tanto affetto. Siamo rimasti colpiti dalla generosità, visto che il numero di giocattoli di quei bimbi non è proprio paragonabile a quello che hanno i bambini nella nostra città.

Il gruppo degli educatori di Santa Maria del Rosario in viaggio a Sarajevo

È impressionante come, visitando la città, si vedano ancora i segni dei colpi della guerra, che narrano silenziosamente la storia di sofferenza e distruzione che Sarajevo ha conosciuto. Sembra incredibile pensare che ancora nel 1984, pochi anni prima della guerra, questa stessa città abbia ospitato le Olimpiadi invernali, simbolo di pace e fratellanza tra le nazioni ed evento che ha proiettato Sarajevo sotto i riflettori internazionali.  Sarajevo, però, non è solo il ricordo delle ferite del passato, ma anche testimonianza di speranza.

L’impatto della guerra e la complessa situazione politica attuale della Bosnia-Erzegovina ci hanno fatto riflettere profondamente anche sulla fragilità della pace. La divisione etnica del paese, con la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Repubblica Serba, crea uno stallo politico che ostacola il progresso e l’unità nazionale. Per esempio, ogni ministero, ad eccezione di quello dei trasporti e dell’istruzione, ha due ministri: uno per la Federazione e uno per la Repubblica. Questo spesso genera conflitti, poiché i ministri tendono a contrastare le iniziative di interesse dell’altra parte. È una realtà intricata, dove ogni passo verso la cooperazione viene spesso contrastato dalle tensioni etniche e politiche.

Tornando a casa, portiamo con noi non solo ricordi indelebili, ma anche un senso di responsabilità. Essere lì, in un luogo dove 30 anni prima si è combattuta una guerra che ha portato tantissimi morti e pensare che tuttora, molto vicino a noi, si stiano combattendo altre guerre, fa davvero venire i brividi!  La Bosnia-Erzegovina è sicuramente un esempio vivido di come il passato possa gettare ombre sul presente. Penso, infatti, che sarebbe molto utile studiare questa parte di storia molto più nel dettaglio anche nelle scuole, poiché è molto importante per capire alcune dinamiche che riguardano l’attualità.

Ci rendiamo conto che la conoscenza e la consapevolezza siano fondamentali per costruire un mondo migliore. È nostro dovere, come educatori e cittadini del mondo, condividere queste esperienze con i ragazzi, perché solo comprendendo il passato possiamo sperare di cambiare il futuro!

L’esperienza a Sarajevo ci ha insegnato che anche nei momenti più bui, la luce della speranza continua a brillare. E ora, più che mai, ci sentiamo chiamati a essere agenti di cambiamento, ad agire per promuovere la pace e la comprensione tra i popoli.

Quest’estate, insieme agli adolescenti, faremo ritorno a Sarajevo. Sarà un’opportunità per loro di conoscere da vicino una realtà complessa e affascinante, ma soprattutto di essere ispirati a fare la differenza nel mondo.

Sarajevo ci ha aperto gli occhi e il cuore. È importante condividere questa visione con il mondo, perché solo insieme possiamo costruire un futuro di pace e tolleranza.

“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.” (Matteo 5,9)